venerdì 29 gennaio 2010

La sindrome del frigo vuoto.


Sono allergico al frigo vuoto.
Cioè, ovviamente non è mai vuoto vuoto; ma quando tra una cosa e l'altra comincia ad esserci troppo spazio vengo colto da un'ansia, un desiderio angoscioso di riempire, di arricchire con generi alimentari quegli spazi desolati.
A monte di questa situazione c'è un modo di concepire la spesa alimentare in modo diametralmente opposto ; taluni nella famiglia la concepiscono come un semplice esercizio di una attività spiacevole ma necessaria, altri come una festa che ogni volta può, da un lato offrire nuove scoperte, dall'altro soddisfare un'atavica mancanza.
Sono allergico al frigo vuoto che, con tutta probabilità, identifico con l'assenza di amore.

domenica 24 gennaio 2010

Un video e già lo adoro.

Il derby di Milano.





Stasera c'è il derby di Milano.
Dopo la partita di ieri sera che mi ha dato una gioia incredibile, sebbene io l'abbia vista da solo, diciamo praticamente da solo, stasera il risultato sarà importante per la mia amatissima Maggica !
Ci sono tre soluzioni possibili alle quali va la mia preferenza:
a) un meteorite si abbatte sulle due squadre sterminandole entrambe. Compreso uno dei due Presidenti, il cui nome inizia per Berl e finisce per usconi;
b) sconfitta del Milan e conseguente colorito grigio topo (perfettamente in sintonia col color martora dei capelli) del suddetto presidente;
c) pareggio.
Domani vi dico.

sabato 23 gennaio 2010

Grazie Maggica!!!


Questo




era il mio vecchio avatar.
Da quando ho potuto decidere da solo ho sempre avuto dei gatti, quasi sempre più di uno contemporaneamente.
Sarà perché, dentro di me, mi sento un po' gatto.

venerdì 22 gennaio 2010

Spam.



Ultimamente la mia casella di posta elettronica è piena di spam, si tratta di offerte di VIAGRA.



Qualcuno ha parlato !!

Oltre il processo breve.




Non dite che B. non è un grande statista.
Mentre la sinistra ha flirtato per anni con i giudici comunisti, nascondendo i veri problemi dietro la difesa corporativa di antichi privilegi, come possono ben testimoniare i due più pericolosi giudici sovversivi, Falcone e Borsellino, lui in quattro e quattr'otto ha trovato la formula magica per aggiustare la traballante giustizia italiana.
Ora, trovato il metodo giusto sarà semplice applicarlo ad altri settori della stato a cominciare dalla sanità, istituendo la semplice “guarigione breve” ; tempi certi e predeterminati per ogni paziente, diciamo dieci giorni , e poi via, fuori dagli ospedali per far posto ad altri clienti.....cioè pazienti.
Se vogliamo, alla fin fine, una volta stabilito il principio che nulla può durare oltre un tempo predeterminato, ecco che si potrebbe applicare ai ristoranti: due ore massimo per un pranzo completo, chi ha finito ha finito, gli altri fuori dalle palle!
Per scendere alla vita di tutti i giorni penso ad un'applicazione anche per le coppie; cos'è quella roba che dura ore, altro che preliminari e coccole, dieci minuti e via chi ha finito ha finito.
Certo, forse in questo settore, la realtà ha già superato la fantasia, almeno a giudicare da quel che si dice in giro !

martedì 19 gennaio 2010

Se la vita è così.




"Insomma bisogna mantenere in vita il lato romanzesco della vita, il lato sognante che così spesso si occulta e testardamente - nonostante l’età della ragione sia da così gran lungo tempo intervenuta - fingere di credere che potremo ancora rivivere le improvvise e irragionevoli emozioni di un’età troppo presto sfiorita."
Mi approprio di questa bella frase di Jonnuzza, per svolgere alcune considerazione che vado elaborando da tempo e che forse aspettavano solo un elemento che le potesse rendere visibili e descrivibili.
Il tempo che passa ed il bisogno di mantenere non solo il ricordo ma anche la presenza di emozioni e sentimenti è un tema a me caro che si è fatto più acuto negli ultimi anni; e non è a caso che io ami ricordare un passato lontano che arriva fino all'infanzia. Quel tempo era carico di giorni da vivere, promettente di ogni bene ed ogni possibilità, oggi le la scatola di colorate caramelle si svuota sempre più rapidamente e, sebbene sia impossibile contarne le restanti, a vista si percepisce la scarsità.
Ecco allora che la saggezza che avremmo dovuto conquistare a prezzo degli anni trascorsi, ci viene in soccorso e ci insegna a considerare ogni momento come unico e irripetibile , da godere con lentezza , avendo imparato a privilegiare la qualità alla quantità; fermarsi sulle cose, dare un senso ad ogni gesto, riconoscere i giorni da qualcosa che li ha caratterizzati, pur che fosse qualcosa che si ripete quotidianamente, vivere quella consuetudine con l'aspettativa di una prima volta.
E lo stupore, di cui ho parlato poco tempo fa, e abbandonarsi alla commozione senza timore, sapendo che l'età ci concede il privilegio di essere più morbidi , senza gli spigoli e le punte che hanno segnato altri momenti. E le aspettative, che non devono mancare mai, e la curiosità di conoscere e la sorpresa di scoprire  qualcosa che, per quanti giorni siano passati, ancora non sapevi o non avevi capito.

domenica 17 gennaio 2010

Piccola pasticcera.


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Si, avete letto bene : piccola pasticcera e non piccola pasticceria.
Oggi la mia cuoca in erba si è cimentata nelle famose pancakes, cioè le frittelle americane, quelle sulle quali si fa scendere generosamente lo sciroppo d'acero.
Ebbene il risultato visivo è questo che vedete, quello del gusto è all'altezza.
Anche se quella mangiata lascerà il mio stomaco verso Pasqua.


In questa domenica




di pioggia che si respira, di uggia, di cielo coperto e uniforme ho scoperto che questo stupendo pezzo, pieno di una struggente malinconia, era dedicato a sua madre.
Riascoltare quelle parole mi ha fatto capire che devo fare un percorso lungo per accettare qualcosa che ancora non riesco a capire.

venerdì 15 gennaio 2010

I sogni son desideri?




I miei sogni si dividono in due grandi categorie : quelli di giorno, che faccio ogni tanto astraendomi totalmente dalla realtà circostante, e quelli di notte , dei quali non sono responsabile e che non sempre è lecito raccontare.
Ma stanotte più che un sogno mi è sembrato di vivere in una specie di commedia all'italiana, sapete quei film degli anni cinquanta, con i grandi protagonisti di quell'epoca, con un tormentone che si snoda per tutta la durata della pellicola , per risolversi solo alla fine.
Ecco, io stanotte dovevo pagare l'affitto della nuova casina dei miei rampolli e combattevo costantemente con assegni circolari i cui importi non raggiungevano mai il totale da versare. La cosa strana poi è che una parte andava versata all'avvocato proprietario dell'appartamento (come nella realtà), un'altra, chissà perché, prima ad un mio zio, fratello di mia nonna, morto nel lontano '74; il quale, non chiedetemi perché, se ne stava comodamente seduto sulla poltrona di un barbiere, con la faccia tutta insaponata . Poi, con uno scambio di ruoli improvviso, dovevo dare quella parte a mio padre, il quale, sorridendo mi diceva che c'era una giovane ucraina che l'aspettava ed io ero sorpreso non tanto da quel fatto quanto dal suo maglione che, cosa impossibile per mio padre, era tutto macchiato di vernice. In tutto questo io stavo sdraiato su di un letto pieno di borse e valige e cercavo di compilare questi assegni rendendomi conto che, ogni volta, i conti non tornavano,
Non so se tutto questo ha un senso, forse le questioni legate all'affitto di quest'appartamento per i miei ragazzi, nella realtà mi ha preso molto di più di quanto mi sia accorto; è un impegno finanziario considerevole ed anche una scommessa sul mio secondo figlio che di studiare non ne ha una gran voglia.
Ma tant'è, questo è stato il sogno; e stamattina , non ci crederete , mi sono alzato stanco.
Dei sogni ad occhi aperti non posso dirvi nulla.


martedì 12 gennaio 2010

Quando ero piccolino.



Questa foto mi piace davvero tanto.
Chissà cosa guardavo indietro; magari dicevo, guarda mamma, guarda papà cosa so fare!?! So andare avanti senza guardare !?! E chissà cosa mi dicevano mamma e papà? Magari gridavano, stai attento! Guarda avanti!
Avevano ragione, è vero: bisogna guardare avanti.
Ma, a volte, bisogna anche guardare indietro o magari semplicemente a lato; perché se guardiamo sempre avanti è come se guardassimo solo noi stessi, mentre a fianco, o indietro, ci sono altre persone, altrettanto importanti che rischiamo di perdere di vista.
Perché quello che conta non siamo solo noi. Così rischiamo di restare soli davanti ad uno specchio che ci rimanda la nostra immagine.
E' la vita, o le persone che ci amano, che ci insegna a guardare di lato ed aspettare o rispettare altre sensibilità, altri punti di vista, un altro modo di vedere.
Magari anche più chiaro del nostro. Che a guardare solo avanti ci vengono i moschini negli occhi.


lunedì 11 gennaio 2010

Il matrimonio del mio miglior amico.


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I matrimoni mi commuovono.
Come tante altre cose, è vero; in generale tutto quello che riguarda le persone, le loro aspettative,i loro progetti, i loro desideri.
Ma i matrimoni di più. Ne ho visto parecchi oltre il mio, qualcuno è già finito, qualche altro ancora dura; come, non so.
Domenica si sono sposate due persone particolari, che conosco da molti anni, dieci circa; due persone che, nella loro vita precedente, avevano ruoli e posizioni diverse, lontanissime tra loro ed in qualche modo inconciliabili; lei, ad esempio, era innamorata di mio figlio grande. Ricordo che scrisse una dolcissima lettera d'amore, molto bella nei contenuti e matura per un'adolescente che si affacciava alla vita. Ma mio figlio non era interessato perché, a sua volta, innamoratissimo di un'altra persona. Strano vero? Ma non tanto infrequente. Così lei si mise il cuore in pace.
Poi arrivò lui, l'uomo che ieri ha sposato; chissà come e chissà perché le loro vite si sono incrociate, con percorsi così diversi da sembrare totalmente inconciliabili, eppure il cuore (ah, il cuore) ebbe il sopravvento su tutto il resto. Molto era il resto; ruoli, età, convenzioni, morale, costumi.
Ma lo sguardo di lui , ieri, sull'altare, diceva tutto quello che nessuna parola può descrivere: ammirazione, riconoscenza, stima, rispetto; se posso usare questa espressione, lui (che in un certo senso avrebbe potuto farlo in altro modo) sembrava guardare la Madonna! Lei, dolce e decisa, era paradossalmente più sicura, più protagonista, come se la situazione non la intimidisse ma, al contrario, le desse la serena certezza di aver fatto la cosa giusta.
Il celebrante ha scelto parole sagge, senza retorica , ma con molto realismo e concretezza; ha detto una cosa particolarmente bella: questo non è il più bel giorno della vostra vita, sarebbe ben triste se lo fosse; questo, ha detto, è un giorno felice cui ne seguiranno altri, come ce ne saranno di tristi. Bello no? Almeno li ha messi in guardia.
I matrimoni mi commuovono, mi mettono malinconia e gioia nello stesso tempo; gioia perché in quel giorno si sente dentro una grande sicurezza in un futuro di felicità, malinconia perché so che non sarà così. Nella migliore delle ipotesi ci saranno alcuni giorni felici, ma anche una buona dose di difficoltà che, le statistiche ce lo dicono, in gran parte si traducono in una separazione.
Se dovessi dare un consiglio direi : immaginate che il vostro amore sia a termine così godrete ogni giorno come se fosse l'ultimo; oppure pensate alla vostra storia come se potesse essere eterna così non vi preoccuperete che possa finire e la vivrete con serenità.
Lui, lo sposo, nella vita precedente era sacerdote; lei una del gruppo di ragazzi che , attorno lui , si erano riuniti.
A latere : nella cappellina a fianco alla navata centrale c'era un povero frate anziano che aspettava i penitenti nel confessionale; teneva il capo poggiato sul braccio piegato ed ogni tanto scivolava in un torpore irresistibile Deve essere davvero noioso ascoltare i peccati di tutti.

Era tanto che...

....non parlavo di B.
E non sono per la teoria dei complotti; però qualche domanduccia bisogna pur farsela , conoscendo il soggetto, no?!?

giovedì 7 gennaio 2010

Ikea ! Ikea!


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Ultimamente ho notato che i miei lettori sono diminuiti.
Io do la colpa alle vicissitudini del mio blog precedente, al contenzioso che ho con Google che ha permesso al mio vecchio blog di sparire contro la mia volontà; forse sono diventato solo noioso e ripetitivo, magari a nessuno interessa leggere della mia vita personale della quale , invece, mi piace molto parlare.
Ho anche pensato di usare qualche mezzuccio, roba da avanspettacolo o romanzo popolare, tipo le intramontabili “tette & culi” o “ l'innamorato abbandonato” , ho notato che è un must, un argomento sempre vincente; ma non mi piace, non è nelle mie corde e in fondo scrivo per mettere nero su bianco quello che mi succede o che mi passa per la testa e , sebbene mi piaccia essere letto, in fondo in fondo scrivo per una sorta di mania ossessiva compulsiva di essere protagonista, anche se alla fine potrei essere l'unico spettatore del mio spettacolo.
Ora è successo che ieri , giorno della Befana, ci siamo avventurati tra gli scaffali dell'Ikea di Porta di Roma, con la missione irrimandabile di acquistare due letti, due materassi, lenzuola e qualche suppellettile per la nuova casina dei due giovani rampolli di casa Unodicinque.
Ikea è qualcosa che ti prende nelle sue spire senza nemmeno tu te ne accorga; ti ammalia , ti affascina, ti ipnotizza, ti rende Alice nel Paese delle Meraviglie in pochi metri, quelli che passano tra gli ambienti di case immaginarie, arredate ed ordinate con una perfezione che ognuno di noi ha sognato almeno una volta. Ci puoi trovare quello che ti serve, quello che non pensavi mai ti sarebbe servito e quello che non ti serve ma è semplicemente delizioso; ognuno può trovare il settore in sintonia con le proprie attitudini, io, ad esempio, la cucina.
Però, se ti serve qualcosa, puoi essere certo di trovarla e noi l'abbiamo trovata; per non parlare del fatto di montare da solo i tuoi mobili. Che detto così sembra una sciocchezza ma , vi assicuro che quella sorta di lego reale alla fine appaga il tuo io molto di più di qualunque mobile preso, portato e piazzato là come un estraneo. Ikea no, i mobili in qualche modo li devi partorire; e come si sa, una volta partoriti li senti molto più tuoi.
Specie se hai le vesciche alle dita.

Quando....


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i figli conoscono le tue debolezze !!

domenica 3 gennaio 2010

Stupore



Su “La Repubblica” di ieri si parlava dello stupore e della sua fine.
In una società dove tutto è possibile, dove si possono visitare luoghi senza spostarsi dalla propria abitazione, musei dove vedere le più grandi opere dell'ingegno umano con un semplice click del mouse, mondi virtuali dove vedere realizzate le proprie fantasie, non c'è più posto per lo “stupore” inteso come “Intenso turbamento dovuto a meraviglia e sorpresa di fronte a qualcosa di inatteso, piacevole o spiacevole che sia” .
Ho trovato questa questa frase di Luca Ronconi che mi è piaciuta molto e descrive proprio l'atteggiamento giusto per ritrovare la capacità di restare sorpresi e rapiti di fronte ad eventi che siamo abituati a vedere, senza guardare, ogni minuto di ogni giorno della nostra vita:La ragione ci porta fino ai piedi di un muro e ci lascia lì. Credo che l'ultima risorsa sia lo stupore: non bisognerebbe stancarsi mai di provare un attimo di sbalordimento di fronte a quelle cose che ci paiono ovvie, il suono della propria voce, la venatura di una foglia, le stelle che cadono la notte di San Lorenzo. “
Penso che conservare la capacità di avere stupore sia la strada senza alternative per amare la vita e continuare a viverla apprezzando sia ciò che ci troviamo di fronte ogni giorno sia quelle piccole cose che possiamo scoprire per caso o volontà.
Mi chiedo se mantenere un atteggiamento quasi fanciullesco possa aiutare a conservare la capacità di stupirsi, non so ; forse è un atteggiamento, forse il desiderio di non lasciare che le cose passino su di noi senza lasciare traccia. Cerco, per quel che mi riguarda, di non banalizzare nulla, di lasciare il cuore ed i sensi aperti alle espressioni semplici d'amore, d'intimità, di confidenza. Mi stupisce ancora lo sguardo di mia figlia, quel suo modo ancora innocente di darsi un leggerissimo trucco con movimenti da piccola donna; mi stupisce il sonno di un bimbo, il pianto disperato ed il sorriso improvviso ed inspiegabile; mi stupisce una pelle candida, un viso pulito, un entusiasmo improvviso; mi stupisce il cibo che , una volta preparato, svela un sapore inatteso e stimolante; mi stupisce ancora la semplicità di chi non ha bisogno di aggiungersi nulla.
Mi stupisce il fatto di poter scrivere parole, riuscendo a trasmettere un pensiero oltre queste mura.


L'ottavo giorno.





Rubo il mestiere al mio amico Il Bibliofilo che svolge egregiamente il suo utilissimo ruolo di segnalatore e recensore di libri e film per parlare brevemente di questo lavoro.
“L'ottavo giorno” racconta la storia dell'incontro di Georges, un ragazzo down fuggito dal suo istituto, per riabbracciare la madre in realtà morta da quattro anni ed Harry, un manager stressato e divorziato con due figlie, che insegna agli imprenditori principianti, ma questo lo impegna troppo per occuparsi abbastanza della propria famiglia e dei propri sentimenti. Entrambi diventeranno fantastici amici e, Georges farà capire il senso della vita ad Harry. L'incontro cambierà le loro vite, ma ad un caro prezzo. La trama in se non sembra particolarmente attraente ma il film è molto bello, con una fotografia notevole e personaggi ben delineati, anche quelli di contorno; il ragazzo down è un interprete spettacolare, molto più bravo del suo partner Harry, a volte un po' rigido. Non vi dico la fine perché se non lo avete visto vale certamente la pena guardarlo, mentre se lo avete visto la conoscete già.
Due sole considerazioni: la prima è che la disabilità è un mondo a parte, di persone spesso strane e fuori dai canoni comuni, ma pur sempre persone e forse basterebbe un po' più di attenzione per rendere migliore la loro vita e, alla fin fine, anche la nostra; la seconda è che spesso, ma non del tutto in questa pellicola, si cade nell'errore di edulcorare situazioni di disagio difficili e dolorose per chi le vive su di se e, ancor più, su chi le subisce. La disabilità è sempre e comunque un grave problema per la famiglia, fonte di ansie e preoccupazioni per i genitori ed i fratelli quando ci sono; provoca spesso disagio e imbarazzo nella società, ed una forma strisciate di “ostracismo”.
Anche perché, purtroppo, non tutti i disabili sono come il Georges del film.

venerdì 1 gennaio 2010

Buon Anno con il grande Shell.




Lui è un signore di sessantasei anni, ancora molto freacketone,  con una carica vitale che mi fa ben sperare per il futuro ed un amore per la musica che traspare da tutto ciò che dice; è pacato in modo quasi tenero, si rivolge a quei quattro giovinastri che continuano a sparare “botti di capodanno” nonostante lui stia percorrendo con sapienza le più belle musiche degli anni '70 e '80 con il tono di un nonno paziente che potrebbe dare , al massimo, un sano scapaccione appena accennato.
Bella voce ancora, non incrinata ne dagli anni ne dalla pioggia battente, un racconto musicale con intermezzi evocativi che lasciano intravedere con una timidezza gentile collaborazioni importanti quali Mina e Mia Martini.
Scalda la piazza , e non è facile, con pochi irriducibile incuranti delle secchiate che arrivano da un cielo che non ha alcun rispetto di note che ancora riescono a far cantare giovani e meno giovani.
Alla fine saluta, con quell'accento anglosassone che ancora non ha perso e che lo rende ancora più affascinante, torna richiamato dagli applausi e forse dal rispetto per chi ha saputo restare lì nonostante tutto e regala l'ultimo pezzo suo e della serata.
Un buon inizio d'anno; anche se a casa, dopo, mi sono accorto di avere persino il culo bagnato.
Buon Anno a tutti da me e da Shell Shapiro.