una cosa strana e non da oggi, ma non ricordo se l'ho sempre avuta oppure me ne sono accorto ora.
Fatto sta che mi accade 'sta cosa e cioè che mentre mi avvicino alla meta rallento, come se arrivare mi spaventasse.
Sarà forse il timore di veder sfumare l'obiettivo, o forse la paura che non ne sia valsa la pena, o semplicemente l'idea che il percorso sia più importante dell'arrivo.
Ecco si, direi che è questo; m'accorgo che viaggiare è più bello che arrivare, che il vero scopo non è raggiungere la meta ma scoprire il percorso e tutto quello che c'è nel mentre.
Mi succede pure coi libri, quanto sono a poche pagine dalla fine, specie se il libro mi è piaciuto molto, improvvisamente rallento, le pagine si fanno pesanti, mi dispiace finirlo; e anche se la fine mi piace, mi sorprende o, come spesso accade, mi commuove, mi rimane quel gusto amaro in bocca di aver consumato un'emozione fino alla fine che non sarà mai la stessa, anche rileggendo il libro.
Anche ora che devo chiudere il post sto rallentando e scrivo e cancello le parole ; quando si conclude, qualunque cosa sia, ci lasciamo alle spalle qualcosa di definito che prende una forma che non si può cambiare.
5 commenti:
anche a me succede con i libri che mi piacciono di non voler arrivare alla fine.
valescrive
Quante cose tiene in sé questa sensazione che sa essere assieme timore e piacere di ricominciare per riprendere a andare; ma soprattutto, io penso, la voglia di sentirsi vedere con occhi nuovi, sempre nuovi, andando: momento dopo momento, inizio fine inizio fine.
E che sono mai fine e mai inizio.
Marcel Proust dice: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Un saluto.
Parola di un vecchio camperista: ho fatto migliaia di chilometri in Europa ed è stato sempre più bello viaggiare che arrivare.
Quanto era bello perdersi e chiedere indicazioni in lingue sconosciute, scoprendo ancora luoghi non preventivati.
E infine il giro di boa che, per quanto fosse il preludio di un altro viaggio di uguale durata, rappresentava insieme la gioia della mèta raggiunta e la tristezza del rientro.
Anch'io quando scrivo leggo e leggo e rileggo ancora. E correggo e ritaglio e riunisco.
E ricomincio a leggere.
Ed è quasi una tristezza "postare", anche se un l'ennesimo inizio di un nuovo percorso...
E' la sensazione che capita anche a me quasi sempre. Sono dell'idea anche io che sia meglio viaggiare che arrivare...
E' bello tornare qui
"Non importa dove ti porta la tua corsa, ma quello che provi mentre corri"
così sentenzia il prof. Martinelli, in un film che mio figlio detesta, ma che a me è tanto piaciuto
forse perchè nello sfigatissimo Martinelli vedo un po' me stesso
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