Venerdì mattina a mezzogiorno, al quinto piano di un bellissimo palazzo di Via Boncompagni a Roma , aspettavo una persona. Non ho potuto fare a meno di affacciarmi alla finestra e compiacermi del panorama di edifici perfettamente conservati, dipinti con colori caldi, seri ed eleganti eppure resi quasi sorridenti dai raggi di un caldo sole romano.
Mentre lasciavo che lo sguardo curiosasse tra le finestre, gli occhi mi sono caduti sul lunotto posteriore di queste auto e lì ho visto riflesso il palazzo da cui guadavo. La figura era diversa: nella prima auto il vetro produceva una distorsione, nell'altra l'immagine era pressoché simile all'originale. Ma non era la realtà bensì , in entrambi i casi, la raffigurazione virtuale, l'interpretazione di una verità filtrata attraverso la forma e l'inclinazione dei cristalli.
E' un po' quello che accade nella vita di ognuno di noi: l'immagine che abbiamo di noi stessi spesso è condizionata dal modo in cui gli altri ce la rimandano. E spesso, almeno fin quando non riusciamo a trovare un giusto equilibrio, restiamo schiavi di quell'immagine; alcuni riescono persino a farci sentire mancanti in qualcosa, sovente per allontanare proprie mancanze.
Se si è fortunati e capaci di riconoscere l'occasione, possiamo anche incontrare però qualcuno che ci aiuti a rimettere le cose a posto, eliminare quelle sovrapposizioni che nascondono la realtà o la rendono diversa.
8 commenti:
Un bel riflettere, uno, non c’è che dire
Io penso che il riflesso che guardi e ti guarda sei tu perché tu sei il lettore e tu stesso colui che lo vede e lo ‘ascolta’, il riflesso di sé che tu stesso hai scritto assieme al reale attorno che anch’esso si scrive, ogni giorno medesimi ma diversi; poi incontri un qualcuno che ti ascolta , ti si racconta mentre tu lo ascolti e ti racconta non come tu ti sei raccontato a lui ma come egli ti ha ascoltato
Qualche volta quell’uno che incontri e che ascolta sei tu o un altro te compagno
Un saluto
Essere percepiti: ecco la benedizione.
Mostrarsi per essere visti e non inventati.
Siamo dentro e fuori, sopra e sotto, siamo Io e l'Altro, la mia immaginazione, la sua, l'immagine di per sé.
L'immagine non è maschera ma l'unico reale di me.
L'introspezione non è nulla se cieca agli occhi altrui.
La mia presentazione al mondo è in quel che si tocca ed oltre quello.
Lo specchio che hai fissato sul petto
è il segnale di un patto profondo
tu mi guardi mentre io ti guardo dentro
e se ti guardo dentro mi vedo.
- Antonio Porta -
è lo stralcio di un mio vecchio post in altro blog, me lo hai ricordato :-)
Mammamia che testa che c'hai!
Forse bisognerebbe avere lo specchietto del dentista, per guardarsi bene dentro, anche se in fondo, lo sappiamo bene come siamo fatti.
Cristiana
PS Hai letto il mio commento precedente?
quel che si dicono considerazioni perfettamente filosofiche
Beh, è il mio sporco mestiere, baby... (detto come Humphrey Bogart con l'impermeabile chiaro addosso)...
Autoironicamente arrossendo, Giorgio
siamo noi, sempre noi...anche se a volte non ci vediamo più e incontrare per caso un altro sè ...
rape
ah, però autoironicamente arrossendo.....
rape
Propendo più per il divenire di Eraclito che per l'essere di Parmenide. Non siamo mai quelli che eravamo un minuto fa. E che cosa eravamo un minuto fa? Boh! E un minuto dopo? Ariboh! Siamo come gli altri ci vedono? E noi cerchiamo di essere come gli altri ci vedono? E allora di volta in volta, a seconda di chi ci vede siamo uno nessuno e centomila.
Farò scrivere sulla mia tomba "Ci sono stato, ma non ci ho capito una mazza".
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