domenica 18 aprile 2010

Una volta avevo scritto una storia.


Si intitolava “Diario”; l'avevo iniziata in un periodo nel quale avevo voglia di scrivere, un momento fertile nel quale la mia vena letteraria, supposto che io abbia una vena di tal genere (ne ho una in mezzo alla fronte che si vede quando sono emozionato), era particolarmente fertile.
Avevo scritto anche dei racconti, in poco tempo tutto sommato, ma avevo voglia di scrivere qualcosa di più articolato, con più personaggi, nel quale poter infilare cose successe tanto tempo fa, persone conosciute negli anni della giovinezza.
Ma un conto è cimentarsi con un racconto breve, altro è cercare di scrivere una storia più complessa, che si sviluppi in un tempo più lungo, che coinvolga caratteri diversi che debbono interagire tra di loro. E poi, penso, quando si scrive qualcosa bisogna aver chiaro dove si vuole arrivare, altrimenti......Ecco, altrimenti si fa quello che è accaduto a me, ad un tratto ho smarrito la via, non ho saputo portare i miei personaggi alla loro destinazione.
Ora, rileggendolo, non mi è sembrato così male; certo non è un capolavoro e non ne ha nemmeno i presupposti, ma mi sembra gradevole, a tratti divertente, sembra promettere emozioni che non ha poi saputo suscitare.
Avevo ricevuto anche commenti lusinghieri ed avevo trovato alcuni benevoli lettori che mi seguivano e , in fondo, quello che più mi dispiace è aver deluso le loro aspettative.

2 commenti:

lavinia ha detto...

già...

Guisito ha detto...

In fondo si può concepire un romanzo come una serie di racconti incatenati in cui ognuno dei successivi tenga presente e sottintenda ciò che si è detto in quelli precedenti, sempre che si abbia buona memoria.
In quanto ai personaggi, basta che siano vivi al punto che sappiano portare essi stessi alla loro destinazione. Lasciati prendere per mano dai tuoi personaggi.