domenica 30 maggio 2010

Se le panchine potessero parlare...



…...quante cose potrebbero raccontare.
Di tutte le persone che si sono sedute per un attimo o per molto tempo di giovani e meno giovani di giovani mamme spaventate dall'immenso compito di anziani rancorosi o pazienti di uomini rassegnati di donne sole di amori impossibili e amori nascosti di amori appena nati o amori finiti di speranze di illusioni di operazioni terribili di malattie indicibili di sofferenze passate o presenti di delusioni e speranze di storie finite male di storie finite bene di storie finite di storie mai cominciate di voglia di cambiare di bisogno di partire di cose che nessuno altro ha mai saputo o forse di cose che nessuno voleva sapere di sparizioni inspiegabili di ritorni improvvisi di teorie bislacche di invenzioni bizzarre di pensioni che finiscono subito di privilegi ingiusti di malattie guarite di morti di nascite di costruzioni instabili di sentimenti nascosti di fardelli visibili e di pesi invisibili di gioie che si fa fatica a contenere di grandi dolori così grandi che bisogna condividere almeno con una panchina.
Se le panchine potessero parlare mi piacerebbe ascoltare.

venerdì 28 maggio 2010

28 maggio 1928




Se ci fosse ancora, oggi mia madre compirebbe ottantadue anni. E non ci sarebbe nulla di strano od eccezionale perché quella è un'età che oggi si raggiunge facilmente; e invece no, ha pensato che forse il suo percorso era finito, che magari poteva riposarsi un po'. Mi ricordo che quando ero piccolo a volte diceva di essere così stanca da desiderare di morire per un po', per riposare; forse, alla fine, è stato così. Lo dico perché in realtà mia madre non è morta di nulla, ha semplicemente smesso di desiderare di vivere; gli ultimi tempi, brevissimi, sembrava proprio una persona spossata ma l'unica cosa che desiderava veramente era di essere lasciata in pace. Solo una volta, una notte che ero da lei e mi aveva svegliato per la seconda volta per essere accompagnata in bagno, mi ha guardato e mi ha detto “siamo alla fine, vero?”. Allora io, convinto, le avevo risposto di no, che si sarebbe ripresa, che sarebbe uscita di nuovo, che si sarebbe ancora goduta figli e nipoti ed un certo benessere che la vita le aveva concesso; invece avevo torto, ma in quel momento ero davvero convinto che sarebbe andata così perché non era la prima volta che la vedevo scivolare in quella depressione che la portava a desiderare la solitudine.
Quando scompare una persona così importante e presente nella vita si possono avere reazioni strane; mia madre, non mi ha ancora lasciato , sento la sua presenza come se solo sollevando il telefono la potessi sentire ancora ed ascoltare ancora l'elenco dei suoi malesseri e le sue raccomandazioni sulla mia salute come se fossi ancora un adolescente. Nello stesso tempo però, a volte, mi sembra di aver affrontato questo lutto con distacco, come se non volessi farmi coinvolgere; quando mio figlio mi ha telefonato era notte ed io, dopo, mi sono rimesso a dormire come se la cosa non riguardasse me. Solo il giorno dopo, davanti a lei, ho pianto e l'ho chiamata come se la potessi risvegliare.
Ma non era di questo che volevo parlare, mi sono lasciato prendere la mano.
Volevo dire poche cose su genitori e figli, poche cose perché non sarebbero sufficienti tutti i blog del mondo per esaurire l'argomento.
Io non posso dire se mia madre sia stata una buona o una cattiva madre; entrambe le cose certamente e comunque non si può decontestualizzare un giudizio, se di giudizio vogliamo parlare. So che molte cose mi hanno fatto male, alcune forse me le porto ancora dietro; e considerare che spesso non aveva colpa di certi comportamenti nei miei confronti, serve solo a soddisfare la parte razionale,lasciando ancora scoperte le ferite della mia parte emotiva e sentimentale.
Era così, aveva affrontato tante difficoltà nella vita, prima e dopo il matrimonio; io ero la sua carne, una sua emanazione, un essere da controllare costantemente per evitare sofferenze, prima di tutto a lei.
Tante volte ho preso decisioni prima di tutto per non dispiacere a lei.
Ora mi chiedo, cosa vuol dire essere buoni genitori? Forse si dovrebbe lavorare prima di tutto su se stessi mentre sovente abbiamo la presunzione di modellare i nostri figli non tanto a nostra immagine quanto sull'immagine di come avremmo voluto essere.
Semplicemente, credo, bisognerebbe dare loro gli strumenti per decidere da soli della propria vita, senza ricatti affettivi; abituarsi pian piano a vederli come altro da noi, lasciare che camminino con le loro gambe. Anche perché può succedere che ci sorprendano assumendo decisioni più sagge di quelle che avremmo voluto.
Non è facile lo so, ma quando piano piano si allontanano sembra che la prospettiva possa farci vedere le cose nel loro insieme, non fissarci sui particolari ma valutare il complesso; e anche per loro sarà più leggero vivere la vita che è già tanto complicata quando bisogna decidere anche solo per se stessi.

martedì 25 maggio 2010

Aggiornamenti.


Un cucciolo in casa.


Dice : vivere in una grande e tentacolare città, lontano dalla famiglia, dagli amici di sempre e dalla ragazza può portare momenti di malinconia. Si , vabbè, hai tuo fratello con te, un amico della tua città, oggi poi c'è Feisbuk ed un sacco di altre diavolerie; e poi, diciamolo, stai a San Lorenzo, mica a Talenti . Però, certo, un cucciolo in casa può riportare un po' di calore ed allegria,essere molto consolatorio.
E allora, direte voi , miei cari lettori, che c'entra la foto ?
Eh, questo è il cucciolo di cui stiamo parlando. E non cominciate con i soliti pregiudizi!
D'altra parte stiamo parlando di “belli capelli” mica di uno qualunque, stiamo parlando di uno che si è interessato di “cartomagia”, chitarra, uno che si è fatto del male in moltissimi modi e tutti assolutamente originali. Insomma un estroverso un po' eccentrico, se volete, che si appassiona in modo sconsiderato a moltissime cose abbandonandole appena attratto da una novità. Geniale ed impulsivo e, dunque , imprevedibile e potenzialmente pericoloso soprattutto per se.
Ne parla, del suo cucciolo, con rapita tenerezza ed in omaggio ad una infanzia non troppo lontana , l'ha chiamato Sir Biss, si come quello del Robin Hood della Walt Disney.
Ieri, pensate che bello, ha fatto addirittura la prima “muta”.
E poi non devo dire che i figli so' piezze e core?!?

domenica 23 maggio 2010

Dei figli e di altre cose.


Volevo scrivere di figli e di altre cose che mi passano per la testa; ma è un po' tardi, sono stato a "Vini nel Mondo", ho i ragazzi qui per cui rimando a domani.

venerdì 21 maggio 2010

Cuori che si allargano.


Questa foto non l'ho fatta io e mi dispiace.
Per due motivi: il primo è che è molto bella; il secondo è che mi piacerebbe avere questa sensibilità.
L'autore o sarebbe meglio dire l'autrice, è una persona con la quale condivido il sangue prima di tutto, poi anche una storia che ha radici molto lontane e che si è riannodata, in qualche modo, negli ultimi anni.
Fa parte del ramo artistico della famiglia; un fratello pittore affermato, lei con un'inclinazione per l'arte in molte delle sue manifestazioni. Da qualche anno, dopo una grave malattia e non potendo più frequentare il suo studio, si dedica alla fotografia con la stessa passione del collage, del decoupage e di ogni forma di arte che le permettesse di esprimere la sue passioni.
L'ammiro molto, solo per poco ha perso la sua passione per la vita per poi riconquistarla con un'energia ed un fatalismo che le consente di vivere con serenità; ci sono molti modi di affrontare i drammi della vita ma sono convinto che affondare nella disperazione serva solo a rendere il tempo rimasto, di cui non conosciamo mai la misura, più greve e doloroso.
Mi sono riavvicinato a lei solo da poco tempo, qualche anno, come se i rami di parentela che ci separavano, cadendo uno ad uno avessero riaperto una visuale che si era smarrita; ci vediamo con una certa frequenza e dialoghiamo attraverso il nostro account di Flickr, scambiandoci sinceri complimenti.
Più passano gli anni più mi vado convincendo che certi legami restano sotto la visuale ma riemergono allorquando la vita ce ne offre l'opportunità.

domenica 16 maggio 2010

Cronache bolognesi.

Lungo week end bolognese (da giovedì a stamattina); tantissima pioggia, come non ne vedevo da anni. Ieri poi è stato il clou , sveglia presto e cielo grigio ed uniforme per tutto il giorno; di Bologna, almeno 'stavolta , ho visto solo il Bellaria (per chi sa di cosa parlo) ed IKEA.
A Bologna, però mi sento sempre a casa; certo , è vero che ci ho vissuto per tredici anni, ma a prescindere da questo, bisogna dire che è una città che ti mette subito a tuo agio, alle persone piace socializzare e non è difficile scambiare più di qualche parola con qualunque commerciante capiti a tiro.
Il Bellaria è l'immagine dell'efficienza, di come dovrebbe essere la sanità non solo a Bologna ma ovunque in Italia; ci siamo tolti un bel pensiero, o almeno abbiamo accertato che le cose erano meno gravi di come era sembrato in un primo momento. Evviva!
E' stata l'occasione per stare un po' insieme al ramo bolognese della famiglia, soprattutto alle zie , sorelle di mia suocera , e fare quattro chiacchiere con loro. O meglio , ascoltare otto chiacchiere, perché in realtà fanno le loro quattro più le quattro che spetterebbero all'interlocutore. Credo di non aver mai conosciuto nella mia vita qualcuno con una simile capacità di monopolizzare la conversazione come le zie bolognesi; io, poi, sono un ottimo ascoltatore perché annuisco cortesemente ed a volte porgo addirittura domande che stimolano ulteriori approfondimenti dell'argomento.
Ma sono così innamorato della Zia Marisa, la sorella grande, che sarei disposto ad ascoltarla anche se mi leggesse l'elenco telefonico di Bologna e provincia; le affinità si fondano prima di tutto sulla chimica, non v'è dubbio, ed io adoro la Zia Marisa al punto che, dovendo lei fare le cateratte martedì prossimo, mi sono autonominato suo personale dispensatore di gocce per gli occhi, seguendola con affettuosa e premurosa attenzione.
La ricompensa si è materializzata sotto forma di tortellini e tortelloni, il che al giorno d'oggi, non è cosa da sottovalutare.
Ad ogni modo sono sopravvissuto nonostante la dolorosa mancanza delle mie consuete ed irrinunciabili abitudini.

martedì 11 maggio 2010

Riflessi nel cristallo.




Farfalle che volano in apparente disordine, senza una precisa direzione cambiando percorso ogni attimo, difficili da inseguire; un sottile filo di fumo che sembra legare senza soluzione di continuità un punto ad un altro , mentre basta il soffio di un bambino per spezzarlo e disperderlo in mille filamenti che si allontanano indifferenti.
A volte così sembra la realtà; solida ed uniforme, continua in una sequenza di azioni quotidiane quasi regolarmente eseguite con maniacale precisione, mentre basta un nulla per scombinare tutto, allontanare aspettative, cancellare sogni, bruciare progetti senza che nulla sia possibile fare.
Di fronte a questa labile scenografia serve determinazione, capacità di adattamento, voglia di arrivare allo scopo senza lasciarsi distogliere dai particolari; occorre concentrazione e fantasia , capacità di inventare soluzioni che aprano nuovi scenari.
Fatica si, ma anche soddisfazione.
Io, credo di averla.

sabato 8 maggio 2010

Caro Mourinho,




mandi a dire a Ranieri che tu "non prepari gladiatori"; beh, la prossima volta spiegalo anche a Chivu.

Lotto per mille.


Che si avvicini la data fatidica lo si capisce dall'intensificarsi della pubblicità un po' stucchevole ed ammiccante, che ci invita a devolvere l'otto per mille alla Chiesa Cattolica. Altre pubblicità, francamente, non ne vedo; probabilmente perché gli altri preferiscono utilizzare anche quel denaro per opere caritatevoli.
Gli ultimi dati certi ci dicono che meno del 40% dei contribuenti fa una scelta esplicita, gli altri non scelgono nulla; di questo 40% , circa l'87% sceglie la Chiesa Cattolica ma, come è facile intuire, è una minoranza di cittadini.
Di come vengano utilizzati questi soldi poco si sa con certezza, non c'è un obbligo preciso di renderne conto se non in modo generico; ma già questo modo generico (basta guardare le pagine dei giornali acquistate in questi giorni dalla CEI) indica che la maggior parte di queste somme serve a provvedere al sostentamento del clero, alla manutenzione del patrimonio immobiliare (chiese comprese, ma non solo) ed ad altre non meglio identificate opere.
Io sono dell'idea (e questo, con regole rigide, dovrebbe valere anche per i partiti) che ogni confessione dovrebbe cercarsi direttamente tra i fedeli , e solo tra quelli, i mezzi per sostenere l'apparato nel suo insieme.
Ma non è tutto, c'è un trucchetto.
Molti di voi certamente lo sapranno già, ma alcuni no; ed allora ecco svelato l'arcano.
Qualcuno crede che, non effettuando nessuna scelta, il suo otto per mille rimanga allo stato: beh, mettetevi l'anima in pace ma non è così.
La cosa funziona in questo modo: il totale dell'otto per mille, calcolato sull'IRPEF complessivamente prelevata dai contribuenti, viene distribuito seguendo la percentuale delle scelte esplicite. In altre parole quel 40% che si orienta per l'87% verso la Chiesa Cattolica, determina che sia questa la percentuale dell'ammontare complessivo dell'IRPEF che prende la strada del Vaticano.
Quindi chi non vuole dare altri soldi alla chiesa , oltre quelli che in mille modi gli arrivano, deve esprimere comunque una scelta e , magari , preferire ad esempio i Valdesi, così come faccio io ormai da molti anni.

giovedì 6 maggio 2010

Il tempo delle mele.


Lo dico prima : questo post sarà abbastanza sconclusionato.
Non è sempre facile tenere insieme le idee, specie quando spaziano in ambiti lontani e diversi; si, già lo so, qualcuno lo chiama alzheimer , ma io voglio pensare che sia un modo per lasciare che la mente divaghi, senza costringere i pensieri dentro recinti ristretti.
Tutto nasce dal fatto che nel palazzo dov'è il mio ufficio abitava una signora molto anziana, morta pochi giorni orsono; questa signora aveva una badante di un paese dell'est, questa badante aveva un fidanzatino italiano. Niente di strano, nemmeno il fatto che lei abbia una sessantina d'anni e lui, forse, una decina in più; niente di strano nemmeno nel fatto che lui, al giovedì ed alla domenica, l'aspettasse sotto il portone tutto tirato a lucido e visibilmente emozionato, che lei scendesse le scale lasciandosi dietro un buon profumo di pulito, truccata e vestita come in un giorno di festa che forse un giorno di festa è davvero.
Ecco questa cosa mi ha colpito molto; mi ha colpito l'idea che l'età conti fino ad un certo punto e che sia molto più importante la disposizione d'animo e la capacità di abbandonarsi ai sentimenti con un atteggiamento interiore da adolescente. Le prime volte che li incrociavo, lo confesso, mi sembravano un po' buffi, forse perché nel mio immaginario mi vedo , anzi devo dire mi vedevo, lontano da loro; poi quel darsi la mano con naturale leggerezza, quel passeggiare quasi oziosamente avanti e indietro per la stessa strada, quel parlottare continuo probabilente in una lingua a metà tra l'italiano e chissà cosa, me li ha fatti diventare simpatici, me li ha fatti guardare con tenerezza.
Ecco perché “Il tempo delle mele”, perché forse il tempo delle mele non è un luogo anagrafico ma sentimentale dove tutto è possibile e dove le esperienze vissute, le vite precedenti non precludono l'intensità dell'amore ma semmai donano la capacità di assaporare frutti completamente maturi, discernere con maggior chiarezza le emozioni che non per questo risultano meno intense.
Si ma perché “Il tempo delle mele”? E non, per dire , il tempo delle pere o delle banane? Perché “la mezza mela” e non, per dire, “il mezzo kiwi” o “il mezzo cocomero” (vabbè in questo caso sarebbe forse offensivo per l'una o l'altra metà, è vero). Insomma perché si usa la mela per parlare d'amore? Forse in qualche modo si torna alla famosa mela di Eva? E perché è una mela al giorno che toglie il medico di torno? Questa cosa mi incuriosisce davvero e se qualcuno tra i miei colti lettori volesse darmi un'opinione , gliene sarei grato.
Di certo, guardando con affetto i miei due attempati fidanzatini, mi viene da dire che una mela al giorno potrebbe tenere sempre vivo “il tempo delle mele”.
E magari levare di torno il medico che vede il cuore solo come un muscolo involontario.

domenica 2 maggio 2010

Trovate le differenze!






così....perché dice di stare vicino ai disoccupati, agli immigrati e a tutti quelli che soffrono. Però non proprio vicino vicino, non si sa mai!!

Domenica pomeriggio, quasi lunedì.



Pensavate me ne fossi dimenticato vero?
E invece no, zitto zitto ho continuato a fotografare la casa con l'edera; non molte immagini ancora, ma già sufficienti per cogliere il prodigioso cambiameto che l'incalzare della bella stagione provoca sulle mura di questo edificio, placidamente solitario tra ulivi, querce, lecci ed una bella macchia odorosa. Sulla strada, se strada si può chiamare, che porta lì tracce di animali , ungulati certamente, cespugli e fiori, erbe profumate ed ancora le immancabili tracce di quegli amanti della natura che girano armati di fucili lasciando i loro segni sui prati e in mezzo ai rovi, segni che resteranno lì per anni ed anni.
Oggi pomeriggio pioveva quasi quando sono uscito con l'immancabile coda adolescente la quale, per giunta, non ha fatto altro che lamentarsi; io speravo in un momento di beata solitudine, una breve camminata immerso nei miei pensieri , pensieri da domenica pomeriggio, già gonfi di impegni e progetti per il lunedì. E invece no; onestamente potevo dire di no, decidere di non prendere la macchina e farmi tutto il tragitto a piedi, ma non me la sono sentita pensando che presto, molto presto, sarò forse io a chiederle di stare un po' con me. Ecco.
Ad ogni modo, questo è il risulato e se avete voglia di andarvi a guardare la prima foto noterete che l'edera ha già fatto un gran lavoro sull'intonaco.
Conto di proseguire fino a che le mura non saranno di nuovo spoglie anche se, già ve lo dico, tutta la parte in cui il verde si trasformerà in giallo e quindi in rosso per poi lasciare il posto a tutta quella ramificazione apparentemente secca, sarà la parte per me più dolorosa, rappresentazione di un tempo che si ripete ogni volta, ma che ogni volta si porta via qualcosa.