domenica 28 febbraio 2010

Intenti.


Non amo molto le attività che richiedono programmi a lunga scadenza. Mi piace vedere il risultato dei miei sforzi abbastanza rapidamente.
Quando ero adolescente ho avuto il periodo del modellismo, e lì si doveva verniciare un pezzettino ed aspettare che si asciugasse, incollare il pezzettino ed aspettare che si asciugasse e ricominciare ogni volta con quelle decine e decine di pezzettini che formavano , poi, un tutt'uno. Ho smesso.
Insomma non ho la pazienza di aspettare, mi stufo, nell'attesa mi sono già innamorato di qualcos'altro; lo so è sbagliato, ma non ci posso fare nulla. Mi applico in altre attività, studio sempre, ma quella è una cosa diversa, non lo si fa in vista di un obiettivo prefissato ma per un aggiornamento che, in qualche modo, da frutti subito.
E poi c'è un altro aspetto, che però è venuto fuori negli ultimi anni: non ho voglia di fare progetti che mi portino avanti nel tempo, che mi facciamo dire “tra un anno avrò finito questo, tra due anni sarò arrivato a questo risultato”, il tempo passa già troppo rapidamente di suo per anticiparlo con una scadenza.
Però.
Però, da quando abito qui, proprio di fronte a casa mia, sull'altro versante della collina, c'è una bella casa, disabitata per gran parte dell'anno, che si è andata ricoprendo col tempo di una fitta vite canadese. Grazie a questo mantello cangiante la casa assume i colori tipici della stagione: grigia e spoglia d'inverno, di un verde pallido in primavera che si fa via via più intenso e carico attraverso i mesi estivi, fino a tramutarsi in un manto rosso cupo che piano piano, col ritorno dell'autunno, si spoglia completamente riportando a nudo i muri grigi.
Ecco, da sempre ho avuto il desiderio di fissare questo cambiamento, fotografarlo in tutte le sue fasi per fissarne i momenti; ma, un giorno piove, un giorno è troppo caldo, un giorno sono stanco, insomma ogni scusa è buona per rimandare.
Oggi no; oggi sono uscito, ho percorso, non senza constatare la mancanza di allenamento, la strada bianca che sale verso la casa e l'ho fotografata.
Penso che, in un certo qual senso, mi sia impegnato con me stesso ad inseguire questo progetto.
E scrivendo questo post mi sono impegnato anche con voi.

giovedì 25 febbraio 2010

Sed fugit interea fugit irreparabile tempus


Questa è l'altra mia passione : gli orologi.
Ne ho molti, qualcuno di valore altri no. Se parliamo di soldi; se invece parliamo di ricordi, tutti più o meno sono legati a qualcosa.
Di quelli che possiedo solo alcuni li ho acquistati nel corso degli anni, la maggior parte mi è stata regalata o mi è pervenuta per eredità.
Mi piacciono gli orologi, mi piacciono perché segnano il tempo e mi piace pensare che del tempo che hanno passato con la persona che li ha posseduti, qualcosa rimanga dentro di loro.
E anche del tempo che passeranno con me, di tutte le volte che li ho guardati per vedere quanto tempo mancava o quanto ne avevo ancora, per vedere se ero puntuale o in ritardo, per fare qualcos'altro in ascensore in un momento d'imbarazzo, per pensare che quello stesso quadrante, quelle lancette, quella ghiera erano già state guardate o toccate da qualcun altro e quello sguardo, in qualche modo , mi tornasse indietro.
Ci sono orologi, come quello della foto, che hanno molti anni, che sono stati al polso di persone che ho amato profondamente, che hanno accompagnato un tratto anche lungo della loro vita; di questi orologi mi piace pensare che possano osservare i cambiamenti delle nostre vite e portarle con loro verso altre vite.

martedì 23 febbraio 2010

Daltonismo.


Sono parzialmente daltonico; lo sono al 50%, dice il mio oculista.
E' una cosa che ho sempre saputo, fin da quando ho iniziato a colorare, a scegliere indumenti, a commentare qualcosa di colorato.
Per stabilire se si è daltonici si fa un test , se vi va ed avete una decina di minuti fatelo, ma solo se pensate che.
Essere daltonici può essere anche divertente a patto che lo siate in una percentuale che vi consenta , almeno, di distinguere il rosso dal verde. E questo per un motivo che non ha bisogno di spiegazioni.
Io lo sono percentualmente; non riconosco alcuni colori, non riconosco le sfumature, mi sfugge la differenza tra grigio e marrone, distinguo poco i verdi, per non parlare delle tonalità.
Può essere divertente e creativo nell'abbinare colori; io , per non sbagliare, prediligo le tonalità di azzurro ( o quelle che credo lo siano), le tonalità di grigio (o quelle che credo lo siano), le tonalità di marrone (e qui è già più difficile).
Questo non mi impedisce di vestire con una certa eleganza, mi dicono; di sicuro non mi avventuro nel mettere una cravatta che sia un tono della camicia, piuttosto preferisco il contrasto.
Tutto questo per dire che la percezione che ho del mondo che mi circonda è fortemente condizionata da questa anomalia; vivendo in campagna, spesso mi chiedo se i meravigliosi colori che vedo attorno a me, sono reali o frutto della mia personale ed unica interpretazione.
In realtà questo non importa molto; qualunque sia la risposta , resta il fatto che quello che vedo per me è la realtà.
Non succede così a tutti forse? Anche a chi daltonico non è? Insomma quello che voglio dire è che ognuno di noi vede una realtà che è filtrata attraverso le proprie convinzioni, le proprie esperienze, il percorso di vita e tutti quei fattori che producono il nostro “daltonismo intellettuale”.
Questo vuol dire che non esiste una realtà oggettiva ma solo quella che noi crediamo sia realtà?
Non so; a volte le realtà coincidono o sono molto vicine.
Però so che attraverso il confronto di visoni differenti possiamo riuscire a modificare il nostro punto di vista.
I colori no, per me il viola non esiste in natura.


domenica 21 febbraio 2010

Gatte in calore.


Tranquilli: nulla che non possa leggere un minorenne.

La situazione è questa : tre gatte, madre e due figlie femmine. Erano tre, ma il maschio l'abbiamo piazzato, le femmine , si sa, è più difficile.
Così abbiamo tre gatte; una, la madre, sterilizzata, le altre due, le figlie, no.
Ora sono in calore. Contemporaneamente. Si strusciano ovunque, appena ti siedi ti saltano sulle gambe, si attorcigliano, si girano, ti guadano languide, chiedono carezze e coccole, emettono un suono basso, una vibrazione profonda che si sente più con il corpo che con le orecchie. E' imbarazzante.
Io le prendo volentieri, le carezzo, le stringo vicino al viso e gli metto il naso sulla guancia per fargli sentire il calore dell'affetto. Ma non penso sia ciò di cui hanno bisogno.
D'altra parte mica sono gatto.
Bisognerà sterilizzare anche loro, mi dispiace perché sono molto belle ed è un peccato pensare che non potranno generare.
La gatta che ha vissuto più a lungo con noi, Lilla, era un animale eccezionale , con un carattere dolcissimo ma deciso, si dava senza risparmiarsi ma esigeva i suoi spazi.
Era sterilizzata e mi dispiace, ora che non c'è più, non avere per casa una sua creatura.

sabato 20 febbraio 2010

Teorie bislacche.



Peter Kolosimo (pseudonimo di Pier Domenico Colosimo) era uno scrittore italiano famoso per aver fondato, insieme ad altri, quella che viene definita l'archeologia misteriosa (o anche fanta o pesuedoarcheologia). Non vi intratterrò con la sua biografia, potrete leggere su wikipedia.
Confesso di aver letto molti dei libri di Kolosimo nell'età tra i quindici ed i diciotto anni e di essere rimasto molto affascinato dalle sue teorie; Kolosimo, in breve, partiva da un presupposto secondo cui le antiche civiltà pre-greche erano state fortemente influenzate,se non direttamente discendenti, da invasioni di civiltà aliene. Lo studio dei Maya e degli Atzechi e di tutte le testimonianze da loro lasciate serviva a rafforzare la sua teoria. Ricordo in particolare un bassorilievo nel quale lui scorgeva “chiaramente” un'astronave che atterrava sulla terra.
Partire da una teoria non dimostrata e sostenerne la validità interpretando, senza possibilità di essere smentiti, ritrovamenti archeologici quali dimostrazioni del presupposto è metodo affascinante. Ma non scientifico.
C'è un altro personaggio , nostro contemporaneo , di cui non farò il nome ma ricorderò solo due caratteristiche, basso e con la cute della testa dipinta, che utilizza a piene mani questa metodo, sostenuto da quella che con eufemismo definirò stampa e televisione amica.
Lui sostiene che una determinata categoria di “dipendenti pubblici” , come li chiama lui, di servitori dello stato, come li chiamo io, lo perseguita per motivi politici, per invidia, perché affetti da problemi psichici e altre stravaganti motivazioni; ed ogni nuovo guaio giudiziario, sebbene nato in un periodo nel quale il nostro non aveva ancora deciso di difendere i suoi molteplici interessi in prima persona, diviene, a suo dire, conferma di questo pregiudizio, di questa inspiegabile persecuzione.
Peter Kolosimo ha avuto un enorme successo editoriale ed ha vinto anche un premio letterario, anch'egli ha goduto di una fama ben al di sopra dei suoi pochi meriti; poi, lentamente, lui e la sua bizzarra teoria sono caduti nel dimenticatoio.
Speriamo bene.

PS: uno dei meriti di Kolosimo, ironia della sorte, era quello di essere fortemente filosovietico.

sabato 13 febbraio 2010

Altri tempi.

Posted by Picasa

Si, vabbè, dice è la nostalgia; è il ricordo della gioventù, è quella spensieratezza che si ha solo quando si è ragazzi senza responsabilità e con l'unica preoccupazione di pensare al futuro, a mettere insieme i giorni ed un progetto credibile.
Però.
Oggi come oggi, se vedeste due ragazzi montare una tenda in un parco cittadino, attorniati da mamme e bambini che giocano, cosa pensereste?
Certo, allora c'erano Berlinguer e Moro mica Berlusconi e Bondi; la cifra degli uomini politici, al netto di qualche scandaletto, era di gran lunga superiore ad oggi.
Noi, comunisti convinti, ci fidavamo e la gente, chissà, perché si fidava di noi, pur non condividendo le nostre opinioni.
Più ci penso e più mi convinco : oggi è un mondo difficile.

mercoledì 10 febbraio 2010

Rapporti morbosi.


Nulla di preoccupante, tranquilli.
Solo che il libro che sto leggendo mi ha suscitato alcune considerazioni che voglio condividere.
Io ho un rapporto morboso con gli oggetti; non con tutti, sia chiaro, con alcuni. In particolare quelli che mi affascinano , che suscitano emozioni, che sono esteticamente sensuali o intriganti.
In generale amo le penne; non necessariamente penne di valore, anche se....., basta che mi incuriosiscano, o sia piacevole guardarle, o impugnarle, o scriverci; mi piace la scorrevolezza, il tratto grosso, deciso, morbido. Ne possiedo un'infinità; tra tutte ce n'è un numero consistente di Parker e per la precisione del modello Jotter; di queste ne ho di vari colori che cambio a seconda dell'umore o della stagione, quasi tutte scrivono nero ma, a volte , utilizzo anche il blu. Prediligo il gel all'inchiostro, lo trovo più fluido e personale; tra tutte queste penne colorate preferisco la blu, che trovo elegante, ma a volte uso la verde o , quando ho bisogno di un po' di sano ottimismo,la gialla. Ne sono gelosissimo, tanto che sono tutte conservate in una scatola di latta alla quale solo io ho accesso; non sopporto chi lascia le penne in giro, chi le abbandona dopo averle usate come se fossero oggetti inutili e impersonali; io con le penne ci scrivo, ci disegno, ci faccio ghirigori, spiego, illustro, convinco, faccio segni sul foglio che attraggono le persone che ho davanti come se quei segni avessero chissà quale arcano significato.
A volte penso che l'oggetto sia anche un po' la persona che lo possiede, è il significato che si da, il senso, il ricordo di un momento, una situazione, una frase particolare scritta di getto; ecco, magari, quando non ci sarò più anche le mie penne perderanno significato e torneranno ad essere semplici oggetti di scrittura e non piccoli testimoni di vita.

giovedì 4 febbraio 2010

Se avessi saputo parlare di più.


Quante cose non ho potuto dire a mio padre,e quante lui non ne ha potute dire a me.
Ripensandoci non abbiamo avuto confidenza, abbiamo saltato tutto quel periodo nel quale tra padre e figlio si può creare una complicità che aiuta la comunicazione. Presto sono andato via di casa, non ho fatto in tempo a dargli quelle soddisfazioni che lui avrebbe desiderato e dopo la mia vita è stata tutto un cambiamento, a volte radicale, e solo quando il tempo rimasto era ormai poco, abbiamo cercato di avvicinarci senza sapere ormai come parlare, affidandoci a gesti.
Poi mi è mancato, ma mi mancava la sua presenza fisica e non quelle parole che riescono a non diventare consigli; mi è mancato potermi confidare perché penso che avrei potuto farlo con lui, sebbene sembrasse distaccato, un po' lontano, una figura sfumata, lui stesso forse schiacciato dalla forte presenza di mia madre e mia nonna.
E ora? Ecco perché penso sempre che non bisogna sprecare il tempo e lesinare l'amore; ecco perché cerco, con alterne fortune, di ascoltare i miei figli, perché non rimpiangano mai di non aver potuto parlare. Non è facile certo, ma per quanto oggi vorrei parlare con mio padre, provo ad evitare che i miei figli soffrano la stessa mancanza.
Noi abbiamo un modo alquanto singolare di comunicare ma lo facciamo; e a volte penso che sia meglio qualche lite piuttosto che un distaccato e doloroso silenzio.

martedì 2 febbraio 2010

Considerazioni paterne.


Lo vedo che stai cambiando. Ci sono un sacco di segnali, tipo che hai comprato un regalino per qualcuno che noi non sappiamo ma non glielo hai consegnato; o che scrivi biglietti d'amore che lasci regolarmente in giro e magari, chissà, lo fai apposta ; o che hai cominciato a metterti la matita sugli occhi, poca è vero, appena appena, ma fino a poco tempo fa (quanto? Giorni.....settimane...mesi?) non te ne importava proprio nulla; oppure che cominci a tenere a quello che indossi.
Perché è così, tutti i giorni sei sotto i nostri occhi e non sembri cambiare; poi, un giorno fai qualcosa che non avevi fatto prima o dici qualcosa che sa di grande, di donna e non più di bambina.
Ma quando è stata l'ultima volta che abbiamo giocato insieme ? Mica tanto tempo fa...oppure sembra a me e invece è qualche anno; perché eri tu a chiedermi di giocare, tutte le sere prima di andare a dormire, e il nostro gioco era “il parrucchiere”. Io mi lasciavo pettinare, spalmare di crema per le mani, mettere ciappi e forcine e mi piaceva pure, poi mi sa che una volta te l'ho chiesto io di giocare e forse lì già dovevo capire che qualcosa era cambiato. Ma era tanto tempo fa....o sembra a me?
Perché il tempo è fatto di giorni apparentemente uguali e vederli da vicino sembrano eterni, poi una volta ti giri e vedi quanti ce ne sono dietro di te, cioè di me, perché tu ne hai ancora tantissimi ed è l'unica cosa che t'invidio un po'.
Il resto no, in fondo mi piace vederti crescere, mi fa un po' male è vero, ma sono contento di come stai venendo su; sei aperta, sincera, sai ciò che vuoi e se devi dire qualcosa non te la tieni certo dentro. Sarà stata la battaglia quotidiana con due fratelli più grandi, fatto sta che ti sai difendere bene e questo mi tranquillizza un po', ma solo un po' sia chiaro, per quello che sarà ed è già il tuo rapporto con il mondo.
Cosa ci si può augurare per un figlio? Che sia felice, certo, anche se la felicità non è uno stato permanente, che non soffra mai specie per amore, anche se la sofferenza di cuore è come le malattie infettive , fa crescere.
Ti potrei dire e ti dirò, se me ne darai l'occasione, che l'amore bisogna viverlo quando c'è e non rimpiangerlo dopo, di non essere avara nei gesti, perché l'amore si dimostra con le braccia aperte non solo con il cuore, di pensare, quando ti capiterà di soffrire, che ciò che hai avuto ti rimarrà per sempre, di pensare a ciò che hai vissuto piuttosto che quello che hai perso.
Ti sembrerò bravo, vero? Ma siamo sempre bravi con gli altri, lucidi, razionali.
Meno, molto meno , con noi stessi.